Terrasanta

Fare ordine, fare memoria.
Dopo ogni viaggio è bello fermarsi a mettere al posto giusto sentimenti ed emozioni, luoghi visti e parole ascoltate.
Dopo un viaggio in Terra Santa non è solo bello, è necessario. Serve.
Serve mettere ordine nella confusione e nella contraddizione che questa Terra ha suscitato. E’ stato come fare un viaggio nel tempo: siamo stati contemporanei di Gesù, Maria, Pietro, ma anche di Davide, Salomone, Mosè… Il tempo si è come schiacciato su questa “storia della salvezza”, espressione meccanicamente ripetuta nelle ore di catechismo… ma salvezza di chi? Salvare… eppure abbiamo visitato uno stato in guerra. Una rumorosa guerra per il possesso del territorio. Sono numerose le armi che si possono usare in guerra: l’umiliazione di assurdi interrogatori, lo sfinimento di check point che decidono della tua libertà di movimento, l’indifferenza, la prepotenza, le sassate. Nel nostro piccolo, abbiamo assaporato l’amarezza di tutte queste cose.
Abbiamo visto un popolo spaccato, e anche io mi sono sentita spaccata: spaccata nelle idee politiche, spaccata nella fede: quelle che vedevo intorno a me (e non mi riferisco solo a ebrei e islamici, ma agli stessi cristiani, divisi in cattolici, ortodossi, copti, armeni…), e quella che ho provato forte dentro di me. Spaccata in me stessa: chi voglio essere? Come la voglio vivere questa fede?
Israele, la Palestina, si è rivelata una terra di contraddizioni, capace di mettere a nudo anche le tue, di contraddizioni, che chiede di prendere posizione, ma non ti dà nessun aiuto nel capire dove posizionarti, dove mettere la tua croce, dove celebrare quell’ultima cena.
E così cammini, senza sosta, in luoghi allo stesso tempo così antichi e così nuovi, così silenziosi e così di mercato.
Sai che quando rileggerai i passi del vangelo riconoscerai anche i tuoi, di passi, e allora, solo allora, forse, riuscirai a mettere ordine.
Per ora la mia certezza è che la Terra Santa è una terra che vive costantemente una ferita, ma che sa rinascere nonostante la ferita.
Resiste, urla la sua bellezza, nonostante gli uomini.
E’ una terra che ti salva, alla fine, nonostante tutto: così ti ritrovi, in questa “storia”, davvero “salvato”.

alt(r)e vie

frassatiHo passato una settimana in montagna, a gestire un rifugio con degli amici dell’Operazione Mato Grosso.

Ci sono momenti in cui ti senti così pieno di vita, così stupefatto dall’umanità che sorridi soddisfatto.

Osservo il mondo con la solita curiosità, mi stupisco ogni volta. Quante persone camminano da sole – letteralmente; quante altre invece decidono di incontrarsi e condividere momenti di vita. Quanti chiudono porte sbattendo pugni, ma solo per nascondere la loro tenerezza. Quanti piccoli fratelli uguali a me, che cercano la perfezione nascondendosi dietro a frasi fatte… quanta perfida voglia di smascherarli, e quanto desiderio di prendermi pazientemente cura di loro, così come qualcuno si è preso cura di me…

Ogni giorno ho incontrato volti di sconosciuti segnati dalla fatica di un cammino di montagna. Chi glielo fa fare? E le volte che anche io mi sono trovata tra quei volti? C’è una gioia particolare nella sfida contro la fatica. La soddisfazione di farcela, la soddisfazione di aver vinto la bellezza.

buona strada…

 

Tracce di strada

Ho trovato un segno della Via Francigena nella città in cui abito.
E’ un segno tra tanti, si confonde tra i mille cartelli che colorano la via principale della città. E’ (come al solito, mannaggia) messo in un posto poco strategico, e lo si può vedere solo se con occhio attento lo stai cercando per trovare la strada.
Oppure se stai vagando pensierosa in un giorno di pioggia in attesa di una tua amica.

Mi fa sorridere come non l’avessi mai visto. Me ne accorgo ora che questa città non la sento già più mia. Con un passo verso la porta d’uscita.
E’ come se mi indicasse il cammino, come se mi dicesse che devo ormai andare, è tempo.
Tutti questi anni, solo tappa di una strada molto lunga.
Il paradosso è proprio che così mi sento più a casa. Mi sembra più mia questa città, perché parte di un cammino in cui ho sudato, camminato, riso, faticato.
Mia e non solo mia, ma di tutti i pellegrini.
La cosa buffa che mi fa pensare è che la freccia va verso sud.
Direzione opposta a quella del mio ritorno a casa, a dove sono nata, ai miei affetti… 🙂

Via Francigena. Un cammino fatto di parole (7)

Cristo.

Credevo di aver incontrato Cristo negli altri. No, lo credo ancora, e anzi ne sono certa. So di avere ben stampato in testa il volto di qualcuno che mi ha fatto dire (e scrivere) di averlo incontrato nel volto dei fratelli.

Solo che poi ho fatto caso alle parole di una preghiera che ci è stata detta, e sono trasalita. Diceva qualcosa riguardo a Cristo che si incontra nei pellegrini. E ho capito che era dentro di me. Ho capito che da qualche parte, qualcuno, ha incontrato Cristo dentro di me. Spero di esserne stata un minimo degna. Ho riletto a rovescio le opere di misericordia e mi son detta: ossantocielo. Sono stata accolta, sono stata sfamata, mi han dato da bere, han pregato per me, mi hanno dato un letto. Mi hanno pure lavato i piedi. Avevo un compagno di viaggio speciale, davvero un sostegno sicuro. E sono stata strumento nelle sue mani.

 

Immag0001Casa.

Forse sono fortunata perché vivo in un posto meraviglioso.

Non potevo fare a meno di sorridere come una bambina guardando il paesaggio di casa mia dai finestrini del treno. È che i miei monti non sono soltanto una cima da raggiungere, dei sentieri da esplorare, un paesaggio da ammirare… sono il mio punto di riferimento, qualcosa che mi fa dire “casa”, dove alzo lo sguardo per sapere che tempo fa. Mi dicono se c’è vento o foschia, se è arrivato l’inverno con la sua prima neve o la primavera con i suoi colori accesi. Riconosco i paesi, ricordo i sentieri su cui saltellavo (e rotolavo) già da bambina. Sono un ricordo, e una casa a cui tornare.

“Chi vuol rimanere in strada non giunge a casa.
Àlzati, cammina.
Cristo-uomo è la tua via, Cristo-Dio è la tua patria”.

S. Agostino

Via Francigena. Un cammino fatto di parole (5)

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Condividere.

Incontri.

È proprio bello condividere il cammino: quando condividi la fatica si crea un legame particolare.

Ci sono volti che non scorderò. Ci sono incontri particolari, che non mi sarei aspettata.

E mi sono ritrovata a scrivere centinaia di cartoline per un uomo con un progetto strano, ho chiacchierato con una ragazza straniera delle motivazioni del cammino e di fede , ho incontrato persone dagli interessi più disparati, ho incontrato anche persone che –vai a sapere quanti giri strani ha la vita-  conoscono dei miei amici.

Mi sono ritrovata a vivere giorni con persone di cui non so nulla. Ma quel che so basta e avanza.

Ognuno con la propria storia. Eppure in questi giorni la propria storia è nello zaino: quella che si condivide è una vita in comune, in cammino. Buffo: è come guardarsi da fuori.

Camminare è incontrare.

(45)Indietro.

Non si torna indietro. Mai. Non ti salterebbe mai per l’anticamera del cervello fare dei passi indietro. Piuttosto ti fermi. Si torna indietro solo se ci si è persi. Ma non è che non ci si guarda indietro. Abbiamo guardato eccome la strada fatta. Ma con la spinta ad andare oltre, qualsiasi cosa ci fosse dietro di noi. E anche le tappe faticose, sono state punto di riferimento per la strada fatta. Anche le persone lasciate, le abbiamo lasciate con l’appuntamento più lontano: Roma.

Indietro non si torna. Sempre avanti, si prosegue: senza fare deviazioni inutili, perché costano fatica. Senza cambiare la strada a piacimento, perché ci si fida di chi l’ha aperta per noi.

Che poi è una metafora un po’ retorica, ma è vero. Nella vita dovrebbe esser così, solo che vivendo negli agi la semplicità di come si segue una strada ci sfugge di mano…

Via Francigena. Un cammino fatto di parole (2)

Accoglien(3)za.

Scoprire che non è così scontato essere accolti ed essere ospitati. C’è chi mette condizioni, c’è chi dà un giudizio. C’è anche chi semplicemente non ti accoglie, punto.

Mi si è aperto il cuore quando siamo state accolte con un sorriso, un bicchiere d’acqua, tante domande, e l’interesse verso di noi. Anche se ciò che ci è stato offerto è stato un materasso sul pavimento.

Negli anni mi sono abituata ad accoglienze troppo calorose. Molte ospitalità trovate lungo la via mettono davvero in discussione i miei modi di fare, le mie scelte da cristiana. Accogliere chiunque indistintamente senza chiedere nulla, o accogliere solo chi fa un cammino serio con i sacri crismi e i timbrini in ordine?

Accogliere dando letti e cibo, o accogliere sorridendo e volendo bene? Gratis? Cosa vuol dire gratis? Accogliere pellegrini o turisti improvvisati?

Non è piacevole non trovare posto perché qualche ciclista ha deciso di fare a gara con sé stesso lungo una via di pellegrinaggio. Ma da pellegrino, accetti quel che c’è, e anche quel che non c’è, sempre e comunque.

 

(10)Strada

In mezzo alle perplessità sto drizzando la mia strada. Verso una meta sicura, serena. E anche di riposo durante il cammino. Anche per vedere cose belle. Anche per trovare il tempo per riflettere da sola. Per contemplare, per accettare quello che mi trovo davanti ogni giorno.

Via Francigena. Un cammino fatto di parole (1)

(6)

Curiosità.

Perplessità.

Timore.

Ho buttato cose inutili, condizionata dallo zaino minuscolo delle nostre compagne pellegrine. Ma perché dover render conto? Questo cammino è mio. La via è comune, ma mi porto dietro me stessa e le mie fatiche. Non ho idea di cosa mi aspetterà, sono estremamente curiosa ma senza nessuna voglia di crearmi fantasie che sicuramente non saranno soddisfatte. Voglio accettare qualsiasi cosa arrivi.

Una cosa però mi rende perplessa. La meta. Noi abbiamo una meta. Le altre ragazze no, non sanno dove arriveranno.

Si può iniziare un cammino senza una meta?

Dove vai, se non sai dove andare?