Per viam…

Beh, siamo arrivate a destinazione e siamo pure tornate. Nonostante i dubbi e le perplessità di chi da casa ci dava consigli e si preoccupava della nostra sopravvivenza…

Per rispondere ai dubbi di tutti:

-Ma avete un cambio al giorno, vero?

No. Puzzavamo come capre. Il pellegrino ha da puzzà. È scritto nella guida!

-Ma quindi… vi lavate con lo stesso sapone con cui lavate le mutande?!!

Se preferisci possiamo anche non lavarci del tutto… 😀

-Ma prende il cellulare dove andate?

A Roma? No, forse le antenne Vaticane disturbano il segnale…

-Per le vesciche porta il mercurocromo…

No, le buco. Ah, non si fa? E allora se la pelle resta integra che me ne faccio di un antisettico?

-Ma avete visto in televisione il treno per Santiago che è deragliato?

Sì, certo. Ma noi andiamo a Roma. A piedi, tra l’altro.

-Ma cosa mangiate?

Le carcasse dei pellegrini che non ce l’han fatta…

-Portate lo spray per gli aggressori!!

Possiamo sempre usare i grossi cardi che crescono lungo i campi, secondo me, all’occorrenza…

-Ma non vi siete perse?

Certo che sì. Per quanto ci si possa perdere nel 2013 con il GPS sul cellulare (e una mappa e una bussola!)

Ma siete andate nel bosco?!

Sì, perché l’autostrada ci risultava un po’ scomoda… per la questione del pedaggio, più che altro!

-E le suore vi han fatto dormire uomini e donne in camera insieme?

Pare non ci siano proprio più le suore di una volta… eh già!

 

Detto questo…Rendiamo noto che la via Francigena si sviluppa su territorio italiano (anche europeo, ma noi siam partite dalla Toscana), tocca paesi civilizzati e non abitati da cannibali almeno dal Medioevo. Anzi, per gran parte segue la via Cassia, quindi la strada esiste circa dal II secolo a.C.. Forse all’epoca i cellulari davvero non c’erano, ma in tutti questi secoli c’è stato tempo per far sorgere paesi e città, e insieme a loro, per la gioia delle mamme e delle zie, ospedali, negozi e farmacie!

Via Francigena. Un cammino fatto di parole (7)

Cristo.

Credevo di aver incontrato Cristo negli altri. No, lo credo ancora, e anzi ne sono certa. So di avere ben stampato in testa il volto di qualcuno che mi ha fatto dire (e scrivere) di averlo incontrato nel volto dei fratelli.

Solo che poi ho fatto caso alle parole di una preghiera che ci è stata detta, e sono trasalita. Diceva qualcosa riguardo a Cristo che si incontra nei pellegrini. E ho capito che era dentro di me. Ho capito che da qualche parte, qualcuno, ha incontrato Cristo dentro di me. Spero di esserne stata un minimo degna. Ho riletto a rovescio le opere di misericordia e mi son detta: ossantocielo. Sono stata accolta, sono stata sfamata, mi han dato da bere, han pregato per me, mi hanno dato un letto. Mi hanno pure lavato i piedi. Avevo un compagno di viaggio speciale, davvero un sostegno sicuro. E sono stata strumento nelle sue mani.

 

Immag0001Casa.

Forse sono fortunata perché vivo in un posto meraviglioso.

Non potevo fare a meno di sorridere come una bambina guardando il paesaggio di casa mia dai finestrini del treno. È che i miei monti non sono soltanto una cima da raggiungere, dei sentieri da esplorare, un paesaggio da ammirare… sono il mio punto di riferimento, qualcosa che mi fa dire “casa”, dove alzo lo sguardo per sapere che tempo fa. Mi dicono se c’è vento o foschia, se è arrivato l’inverno con la sua prima neve o la primavera con i suoi colori accesi. Riconosco i paesi, ricordo i sentieri su cui saltellavo (e rotolavo) già da bambina. Sono un ricordo, e una casa a cui tornare.

“Chi vuol rimanere in strada non giunge a casa.
Àlzati, cammina.
Cristo-uomo è la tua via, Cristo-Dio è la tua patria”.

S. Agostino

Via Francigena. Un cammino fatto di parole (6)

(51)Provvidenza.

Forse per me questa è la parola chiave di tutto questo camminare. Provvidenza. Lasciare che qualcuno pensi a me. Come agli uccelli del cielo e ai fiori dei campi.

Il bello è proprio iniziato quando abbiamo smesso di fare programmi, quando ci siamo affidate totalmente a quello che sarebbe accaduto. E mai siamo state deluse. Abbiamo sempre dormito, abbiamo sempre mangiato, abbiamo sempre trovato accoglienza. Ci hanno invitato in casa, ci hanno offerto da bere e da mangiare senza che chiedessimo nulla; avevamo fame e ci hanno accolto. Ci hanno fermati per strada per sapere come era il cammino e ci hanno offerto caffè e acqua. Ci hanno davvero aperto la porta di casa e fatto sedere sul loro divano nonostante puzzassimo come delle capre e non credo fossimo un bello spettacolo da vedere. Abbiamo perfino trovato un negozietto di domenica pomeriggio con la proprietaria che stava aprendo per fare un favore a un’amica, e così abbiam potuto comprare da mangiare. Siamo arrivate nei giorni festivi e abbiamo trovato un gruppo con un sacerdote che celebrava messa.

Avevamo qualcuno avanti a noi nel cammino a cui chiedere aiuto quando ci siamo trovate davvero in difficoltà. Siamo state accolte dai nostri stessi compagni, stanchi come noi, ma con un cuore davvero grande.

Se non è provvidenza questa… se non è segno di qualcuno che si è preso cura di noi momento per momento… la grazia vera è stata poter leggere con i giusti occhi queste storie.

 

(68)Saluti.

Anche lasciare qualcuno è occasione per incontrare altri. Saltare una tappa è stato un nuovo inizio, con nuove persone. Senza dimenticarsi di quelle incontrate prima.

Lasciarsi alle spalle il cammino fatto, pieno di volti e sorrisi, parole e abbracci che non voglio scordare. Sguardi che si sono costruiti giorno dopo giorno, partendo dall’indifferenza e dalla curiosità. Tutto resta nei saluti alla fine di questa vita parallela.

 

(90)Arrivo.

È qualcosa di inspiegabile. Calpestare un suolo che senti tuo, guadagnato passo dopo passo. Assaporare la meta come se fosse ancora lontana, e invece è già qui, sotto i tuoi piedi. Siamo entrati in piazza san Pietro ridendo, applaudendo, guardandoci intorno. Con calma, camminando, ciascuno pensando  a sé. E poi ci siamo sciolti in un abbraccio. Siamo quasi tutti qui. Solo che questo non è il momento di chi è dietro di noi, di chi è stato qui prima, di chi arriverà fra poco. Questo è il nostro momento, ora. C’è tempo per condividerlo con gli altri dopo.

Solo una persona. La più importante, che ha iniziato questo cammino insieme a noi, con il cuore e con la preghiera. E con le ali. “Il mio cuore volerà sempre e da ogni luogo di questa terra verso di te come un uccello e sempre ti troverà”.

Via Francigena. Un cammino fatto di parole (5)

(60)

Condividere.

Incontri.

È proprio bello condividere il cammino: quando condividi la fatica si crea un legame particolare.

Ci sono volti che non scorderò. Ci sono incontri particolari, che non mi sarei aspettata.

E mi sono ritrovata a scrivere centinaia di cartoline per un uomo con un progetto strano, ho chiacchierato con una ragazza straniera delle motivazioni del cammino e di fede , ho incontrato persone dagli interessi più disparati, ho incontrato anche persone che –vai a sapere quanti giri strani ha la vita-  conoscono dei miei amici.

Mi sono ritrovata a vivere giorni con persone di cui non so nulla. Ma quel che so basta e avanza.

Ognuno con la propria storia. Eppure in questi giorni la propria storia è nello zaino: quella che si condivide è una vita in comune, in cammino. Buffo: è come guardarsi da fuori.

Camminare è incontrare.

(45)Indietro.

Non si torna indietro. Mai. Non ti salterebbe mai per l’anticamera del cervello fare dei passi indietro. Piuttosto ti fermi. Si torna indietro solo se ci si è persi. Ma non è che non ci si guarda indietro. Abbiamo guardato eccome la strada fatta. Ma con la spinta ad andare oltre, qualsiasi cosa ci fosse dietro di noi. E anche le tappe faticose, sono state punto di riferimento per la strada fatta. Anche le persone lasciate, le abbiamo lasciate con l’appuntamento più lontano: Roma.

Indietro non si torna. Sempre avanti, si prosegue: senza fare deviazioni inutili, perché costano fatica. Senza cambiare la strada a piacimento, perché ci si fida di chi l’ha aperta per noi.

Che poi è una metafora un po’ retorica, ma è vero. Nella vita dovrebbe esser così, solo che vivendo negli agi la semplicità di come si segue una strada ci sfugge di mano…

Via Francigena. Un cammino fatto di parole (4)

(49)Programma.

Partire con un programma… e stravolgerlo lungo la via. Il cammino si fa da sé. È un viaggio che va alla velocità giusta, comanda lui. Decide se devi fermarti per riposarti o se riesci a fare altri chilometri. Segui la strada e le gambe, e ti ritrovi a camminare col ritmo giusto per fare tutto: per osservare, per pensare, per conoscere gli altri. Non serve, e non è nemmeno opportuno cercare di guidare e prendere il comando del gioco. Rischi di ritrovarti a parlare troppo, camminare stanco, non aver capito nulla di quello che stai attraversando… C’è un unico grande progetto: la meta. Da questo deriva tutto il resto: cosa fare, dove andare, chi incontri… E così pare che la meta non sia l’ultima tappa del viaggio, ma la prima.

 

(27)Tempo.

Ritmo, più che tempo. Come in musica, fatto di pause e di note. Perdi il senso dei giorni, non ci sono le date, ma i giorni di cammino. Non ci sono i riferimenti soliti, ma i luoghi attraversati. Partire prima dell’alba, svegliare l’aurora per camminare col fresco. Trovarsi a metà mattina con tanti chilometri alle spalle. E il mondo si sveglia. Quante cose si perdono alzandosi tardi?

Arrivare al pomeriggio, dopo la doccia, e credere che tutto ciò che si è fatto al mattino sia già “ieri”. E ogni giorno diventa doppio…!

Via Francigena. Un cammino fatto di parole (3)

(13)Silenzio.

Altri.

Scoprire di riuscire a stare in silenzio e basta. Portare in questo silenzio e lungo la via tutti gli altri. Sembra incredibile, ma se stai in silenzio, stai in ascolto. E allora ogni angolo, ogni incontro, ha qualcosa che ti porta inevitabilmente a un altro che magari hai lasciato a casa.

Riesco a intuire cosa si intende quando si dice che nel silenzio e nella preghiera si riesce ad essere più vicini a tutti. Perché non sei vicina a FARE qualcosa, ma sei vicina alle loro STORIE, che ti toccano nel profondo.

E ogni giorno c’è una storia diversa. Anche delle persone a cui abitualmente non penso. Ogni cosa ha una storia e un volto. Una chiesetta, una bici, un fiore, un paese…

 

Perdersi.

Abbiamo sbagliato strada. Abbiamo seguito (e guidato) altre persone, e nella confusione abbiamo sbagliato.

Eppure questo ha portato un sacco di cose. Se riesci a non arrabbiarti e a non scoraggiarti… scopri la condivisione.
Condivisione delle fatiche, per prima cosa. Perché non sbagli da sola.
Poi condivisione del cammino. Perché se non fossimo stati con gli altri…. Saremmo state da sole (che sembra ovvio, ma dopo giorni in cui si cammina da soli anche le ovvietà diventano importanti).

E poi, trovare insieme la soluzione. Questo è il bello. Sbagli, e paghi caro il tuo errore, con i chilometri sotto i piedi e il caldo sopra la testa. Ma è bello scoprire che insieme si prova a trovare la strada giusta e a porre rimedio; da soli ci si scoraggia.

 

Via Francigena. Un cammino fatto di parole (2)

Accoglien(3)za.

Scoprire che non è così scontato essere accolti ed essere ospitati. C’è chi mette condizioni, c’è chi dà un giudizio. C’è anche chi semplicemente non ti accoglie, punto.

Mi si è aperto il cuore quando siamo state accolte con un sorriso, un bicchiere d’acqua, tante domande, e l’interesse verso di noi. Anche se ciò che ci è stato offerto è stato un materasso sul pavimento.

Negli anni mi sono abituata ad accoglienze troppo calorose. Molte ospitalità trovate lungo la via mettono davvero in discussione i miei modi di fare, le mie scelte da cristiana. Accogliere chiunque indistintamente senza chiedere nulla, o accogliere solo chi fa un cammino serio con i sacri crismi e i timbrini in ordine?

Accogliere dando letti e cibo, o accogliere sorridendo e volendo bene? Gratis? Cosa vuol dire gratis? Accogliere pellegrini o turisti improvvisati?

Non è piacevole non trovare posto perché qualche ciclista ha deciso di fare a gara con sé stesso lungo una via di pellegrinaggio. Ma da pellegrino, accetti quel che c’è, e anche quel che non c’è, sempre e comunque.

 

(10)Strada

In mezzo alle perplessità sto drizzando la mia strada. Verso una meta sicura, serena. E anche di riposo durante il cammino. Anche per vedere cose belle. Anche per trovare il tempo per riflettere da sola. Per contemplare, per accettare quello che mi trovo davanti ogni giorno.

Via Francigena. Un cammino fatto di parole (1)

(6)

Curiosità.

Perplessità.

Timore.

Ho buttato cose inutili, condizionata dallo zaino minuscolo delle nostre compagne pellegrine. Ma perché dover render conto? Questo cammino è mio. La via è comune, ma mi porto dietro me stessa e le mie fatiche. Non ho idea di cosa mi aspetterà, sono estremamente curiosa ma senza nessuna voglia di crearmi fantasie che sicuramente non saranno soddisfatte. Voglio accettare qualsiasi cosa arrivi.

Una cosa però mi rende perplessa. La meta. Noi abbiamo una meta. Le altre ragazze no, non sanno dove arriveranno.

Si può iniziare un cammino senza una meta?

Dove vai, se non sai dove andare?

 

 

 

Beppo Spazzino

“Vedi Momo”, le diceva, per esempio, “è così: certe volte si ha davanti una strada lunghissima. Si crede che è troppo lunga; che mai si potrà finire, uno pensa”.

Guardò un po’ in silenzio davanti a sé e poi proseguì: “E allora si comincia a fare in fretta. E sempre più in fretta. E ogni volta che alzi gli occhi vedi che la fatica non è diventata di meno. E ti sforzi ancora di più, e ti viene la paura e alla fine resti senza fiato… e non ce la fai più… e la strada sta sempre là davanti. Non è così che si deve fare”.

Pensò ancora un poco, poi seguitò: “Non si deve mai pensare alla strada tutta in una volta, tutta intera, capisci? Si deve soltanto pensare al prossimo passo, al prossimo respiro, al prossimo colpo di scopa. Sempre soltanto al gesto che viene dopo”.

Di nuovo si interruppe per riflettere, prima di aggiungere: “Allora c’è soddisfazione; questo è importante, perché allora si fa bene il lavoro. Così deve essere”.

E poi, dopo una nuova lunga pausa, proseguì: “E di colpo uno si accorge che, passo dopo passo, ha fatto tutta la strada. Non si sa come… e non si è senza respiro”. Assentì, approvandosi, e disse a mo’ di chiusura: “Questo è importante”.

Michael Ende, Momo, Longanesi & C., Milano 1984, p. 35.