Occhi nuovi

Aspetto e guardo.

Ammiro estasiata cose che occhi attenti scelgono.

Ci sono mani che sanno creare cose belle, ci sono menti che sanno pensarle, ci sono cuori che vogliono condividerle.

E poi ci sono occhi che sanno scegliere la Bellezza, discernerla in un mare di immagini, suoni, colori…

E io sto qui. Aspetto.

Aspetto per guardare che cosa questi occhi sanno scegliere anche per me. E’ un po’ come affidarsi. Meraviglioso.

Le tasche piene di sassi

Lorenzo Jovanotti

Volano le libellule,
sopra gli stagni e le pozzanghere in città,
sembra che se ne freghino
della ricchezza che ora viene e dopo va.
Prendimi, non mi concedere
nessuna replica alle tue fatalità,
eccomi son tutto un fremito
ehi.

Passano alcune musiche,
ma quando passano la terra tremerà,
sembrano esplosioni inutili,
ma in certi cuori qualche cosa resterà.
Non si sa come si creano
costellazioni di galassie e di energia;
giocano a dadi gli uomini,
resta sul tavolo un avanzo di magia.

Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti al cielo
e non so leggere,
vienimi a prendere
mi riconosci: ho le tasche piene di sassi.

Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti a scuola,
mi vien da piangere,
arriva subito,
mi riconosci: ho le scarpe piene di passi,
la faccia piena di schiaffi,
il cuore pieno di battiti
e gli occhi pieni di te.

Sbocciano i fiori sbocciano,
e danno tutto quel che hanno in libertà,
donano non si interessano
di ricompense e tutto quello che verrà
Mormora, la gente mormora,
falla tacere praticando l’allegria;
giocano a dadi gli uomini,
resta sul tavolo un avanzo di magia.

Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti al cielo
e non so leggere,
vienimi a prendere,
mi riconosci: ho un mantello fatto di stracci.

Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti a scuola,
mi vien da piangere,
arriva subito,
mi riconosci: ho le scarpe piene di passi,
la faccia piena di schiaffi,
il cuore pieno di battiti
e gli occhi pieni di te.

Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti al cielo
vienimi a prendere,
mi vien da piangere,
mi riconosci: ho le scarpe piene di sassi,
la faccia piena di schiaffi,
il cuore pieno di battiti
e gli occhi pieni di te.

Quel cielo di Lombardia…

“… quel cielo di Lombardia, così bello quando è bello, così splendido, così in pace”. A. Manzoni

Di quante meravigliose sfaccettature è capace il cielo sopra di noi?

 

 

 

 

 

 

Altissimu, onnipotente bon Signore,
Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.

Ad Te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu te mentovare.

Laudato sie, mi’ Signore cum tucte le Tue creature,
spetialmente messor lo frate Sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si’, mi Siignore, per sora Luna e le stelle:
il celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.

Laudato si’, mi Signore, per sor’Acqua.
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si’, mi Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si’, mi Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti fior et herba.

Laudato si’, mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore
et sostengono infermitate et tribulatione.

Beati quelli ke ‘l sosterranno in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato si’ mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no ‘l farrà male.

Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.

S. Francesco d’Assisi, 1224.

Quella notte italica, priva di luna e folta di stelle…


Sono trascorsi molti anni, ma
ricordo come se fosse ieri. Ero giovanissimo, avevo l’illusione che
l’intelligenza umana potesse arrivare a tutto. E perciò mi ero ingolfato negli
studi oltre misura. Non bastandomi la lettura di molti libri, passavo metà
della notte a meditare sulle questioni più astruse. Una fortissima nevrastenia
mi obbligò a smettere; anzi a lasciare la città, piena di tentazioni per il mio
cervello esaurito, e a rifugiarmi in una remota campagna umbra. Mi ero ridotto
a una vita quasi vegetativa, ma non animalesca. Leggicchiavo un poco, pregavo,
passeggiavo abbondantemente in mezzo alle floride campagne (era di maggio),
contemplavo le messi folte e verdi screziate di papaveri, le file di pioppi che
si stendevano lungo i canali, i monti azzurri che chiudevano l’orizzonte, le
tranquille opere umane per i campi e nei casolari.

Una sera, anzi una notte, mentre
aspettavo il sonno tardo a venire, seduto sull’erba di un prato, ascoltavo le
placide conversazioni di alcuni contadini lì presso, i quali dicevano cose
molto semplici, ma non volgari né frivole, come suole accadere presso altri
ceti. Il nostro contadino parla di rado e prende la parola per dire cose
opportune, sensate e qualche volta sagge. Infine si tacquero, come se la maestà
serena e solenne di quella notte italica, priva di luna e folta di stelle,
avesse versato su quei semplici spiriti un misterioso incanto. Ruppe il
silenzio, ma non l’incanto, la voce grave di un grosso contadino, rozzo in
apparenza, che stando disteso sul prato con gli occhi volti alle stelle,
esclamò: “Come è bello! E pure c’è chi dice che Dio non esiste”. Lo ripeto,
quella frase del vecchio contadino in quel luogo, in quell’ora: dopo mesi di
studi aridissimi, toccò tanto al vivo il mio animo che ricordo quella scena
come se fosse ieri. Un eccelso profeta ebreo sentenziò, or sono tremila anni: “I
cieli narrano la gloria di Dio”. Uno dei più celebri filosofi dei tempi moderni
scrisse: “Due cose mi riempiono il cuore di ammirazione e di reverenza. Il cielo
stellato sopra di me e la legge morale nel cuore”. Quel contadino umbro non
sapeva nemmeno leggere, ma c’era in lui, custoditovi da una vita semplice e
laboriosa, un breve angolo in cui scendeva la luce del Mistero, con una potenza
non troppo inferiore a quella dei profeti e forse superiore a quella dei
filosofi.



Enrico Fermi, citato in C. Fabro, Le prove dell’esistenza di Dio, La Scuola, Brescia 1990